Mario Dondero

Con i suoi scatti, Mario Dondero ha sempre rappresentato la vita come un’arte autentica che nasconde dietro di sé una semplicità che raramente sappiamo gustare.

Mario Dondero

L’artista e le sue passioni

A Genova, città d’origine di suo padre, Mario Dondero passa lunghi periodi della sua infanzia e adolescenza, ma nasce a Milano, nel 1928, e la fotografia è stata proprio la conseguenza che si realizzò negli anni del suo soggiorno milanese.

Dondero è uno dei protagonisti dell’età d’oro del fotogiornalismo italiano e una delle più originali figure del fotogiornalismo contemporaneo. Lui, insieme ai giovani suoi coetanei, fa parte di quella generazione che, finita la guerra, riscopre nella fotografia quel mezzo straordinario in grado di rappresentare la realtà e quello strumento di democrazia che segue la retorica e la propaganda del fascismo.

Per l’artista, la foto è un lavoro sociale e considera l’immagine inventata una slealtà nei confronti prima di tutto di sé stessi, ma anche versione la propria parte umana. Inizia a maturare questa concezione all’età di 16 anni, quando diventa partigiano per combattere contro le ingiustizie. Quegli anni sono austeri e dolorosi per il maestro, ma l’uscita dal fascismo rappresenta per lui l’inizio di una nuova vita, fatta delle sue due passioni: fotografia e giornalismo. 

Mario Dondero fotografo

Dondero, maestro del fotoreportage

Durante gli anni del suo soggiorno Milanese, Mario Dondero inizia a frequentare il bar Jamaica, definito dall’artista un “periodo irripetibile”. Proprio all’interno di quelle mura, Dondero incoraggia l’amico Ugo Mulas a occuparsi di fotografia perché, oltre a vedere in lui un grande talento, un occhio raffinato e tanta pazienza, Mulas come Dondero ricercava la semplicità e fotografava in modo realista.

Il fotoreporter, infatti, interpreta la vita come un’arte autentica che nasconde dietro di sé una semplicità che raramente sappiamo gustare e non la intende come un’esistenza fatta di durezze, delusioni, asperità, infingimenti e delusioni, che a volte l'attraversano. 

Mario Dondero è sempre stato innamorato della realtà e nel corso della sua vita ha sempre sostenuto che un fotografo la può raccontare in diversi modi. È sempre stato ben consapevole che tutto può essere inventato, costruito, falsificato, ma lui ha sempre cercato di essere il più semplice e lineare possibile, senza mai perdere di vista la verità, intesa come un’autenticità da restituire della quale il fotografo ne è responsabile. 

Nella sua vita, Dondero ha partecipato a numerose guerre spinto dall’indignazione ed è sempre stato convinto che il colore distrae e le foto in bianco e nero sono le più significative per testimoniare quello stato d'animo. 

Fotografo Mario Dondero

La carriera artistica

Dopo essersi legato al gruppo milanese dei "Giamaicani", nel 1955 il Mario Dondero si sposta a Parigi dove inizia a collaborare con "L'Espresso", "L'Illustrazione Italiana", "Le Monde", "Le Nouvel Observateur" e il "Daily Herald". Qui inizia a frequentare e ritrarre scrittori e intellettuali francesi come Roland Topor, Claude Mauriac, Daniel Pennac e Yashar Kemal. Una delle foto più celebri di Dondero è quella scattata a Parigi nell'ottobre del 1959 davanti alla sede delle Éditions de Minuit che ritrae il gruppo degli scrittori del Nouveau roman.

Non solo riviste francesi, ma anche un profondo interesse per l'Africa porta il fotoreporter a collaborare anche con le riviste “Jeune Afrique”, “Afrique-Asie” e “Demain l'Afrique”. A metà degli anni Cinquanta, invece, in Francia collabora con la leggendaria rivista comunista “Regards” e, durante il periodo della Guerra d'Algeria, inizia lavorare per Il Giorno. In Italia collabora a lungo anche con “Vie nuove”, “Tempo illustrato”, “L'Europeo”, “L'Espresso” e “Epoca”, iniziando poi a pubblicare sul quotidiano “Il Manifesto” e sul settimanale “Diario”.

Negli anni Sessanta Mario Dondero realizza alcune "fotostorie" per la TV dei ragazzi e alcuni corti per l'Antenna cinematografica del PCI Unitelefilm. La sua passione per la radiofonia lo porta a collaborare con la sezione italiana della BBC, mentre nel 2012 e nel 2013 conduce, con Emanuele Giordana su Radio3, alcune trasmissioni dedicate alla storia del fotogiornalismo.

Le sue fotografie sono state esposte in molte occasioni e in tante città italiane e straniere. Nel 2015 esce “Calma e gesso - in viaggio con Mario Dondero”, un documentario di Marco Cruciani che ricostruisce la storia avventurosa e leggendaria del fotogiornalista, passando fra le principali vicende sociali, politiche, culturali e artistiche del secondo '900.

Mario Dondero artista

Le mostre di Mario Dondero alla Galleria Ceribelli

Arialdo Ceribelli, gallerista e fondatore della Galleria Ceribelli di Bergamo, ha instaurato negli anni un forte legame con Mario Dondero, un’amicizia che andava oltre il rapporto professionale. Si conobbero all’inizio del nuovo millennio nelle Marche, dove il fotogiornalista aveva deciso di stabilizzarsi dopo aver girato il mondo. 

Ceribelli ha ospitato, all’interno della sua Galleria, due mostre dedicate al fotografo. La prima l’ha organizzata poco tempo dopo aver conosciuto Dondero e, tra i vari servizi fotografici esposti, ce n’era uno dedicato a un gruppo di partigiani del Polesine e uno a un gruppo di ferrovieri di Monza che, molto onorati parteciparono anch’essi alla mostra. Arialdo Ceribelli, infatti, definisce Mario Dondero un uomo che si è sempre messo sullo stesso piano del suo interlocutore, simpatico e sempre a suo agio con tutti.

Con la seconda mostra “Mario Dondero - Un uomo, un racconto”, che ha avuto luogo poco dopo più di un anno dalla scomparsa del fotografo, Arialdo Ceribelli ha voluto raccontare, attraverso gli scatti, la vita di Dondero e la sua poetica. 

Galleria Ceribelli (https://www.galleriaceribelli.com/) è aperta dal martedì al sabato dalle 10 alle 12.30 e dalle 16 alle 19.30, mentre la domenica e il lunedì su appuntamento.

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